Mentre dall'esterno continuano ad arrivare segnali preoccupanti (le ennesime assurde vittorie a San Remo e il recente scandalo telecom) qui non solo si continua a lavorare alla conquista del mondo, ma si partecipa, anche quest'anno, al premio Mario Luzi, concorrendo con i canonici tre testi in poesia.
La scelta sui tre campioni è ormai quasi compiuta: i primi due convocati sono sono proprio i miei ultimissimi lavori (della serie "in coda... ma non per importanza"); si chiamano "Maggese" e "La Pagliaccina", la quale è stata, tra l'altro, uno di quei rarissimi casi di amore a "prima scritta", senza cioè che abbia cambiato una parola dalla versione che, per prima, mi è uscita dal cuore.
Per quanto riguarda invece il terzo pezzo è in corso un ballottaggio tra "17.X.2009", "Sparami" e "Aria", leggermente favorita sulle concorrenti, anche se si dovrà vedere come si comporterà di fronte ai lettori.
Per tutti voi, piuttosto, che con tanta e insana pazienza continuate a leggermi e "compatirmi", voglio raccontare brevemente la storia di questi due "quasi certi candidati al concorso", nonchè mie fatiche "decenti, finalmente"(!).
"Maggese" è una parola che ho scoperto ascoltando Cesare Cremonini: sta a indicare il campo che viene lasciato riposare qualche mese, per essere pronto a ridare poi nuovi frutti. Fosse solo, quindi, per la scoperta di questo termine, notevolmente intriso di per sè di poesia, all'autore di 50 special vanno la mia riconoscenza e la mia stima.
In "Maggese" ho tentato, forse miseramente, di dare vita a una speranza, di autoilludermi, di tirare fuori da una parola tutta la magia possibile e, sopratutto, di adattare a quella parola una situazione reale non propriamente felice.
Scrivere "Maggese" è stato un po' come cercare, da un enorme mazzo, l'unica chiave di quella porticina che non apri mai: difficile trovare quella giusta al primo colpo; vai a sapere, magari hai proprio sbagliato mazzo...
Beh, questo è uno di quei casi i cui, non al primo tentativo, ma già al secondo o al terzo, forse hai già in mano la chiave giusta...
"La Pagliaccina", da parte sua, è un testo che, come dicevo prima, mi è proprio uscito dal cuore. Ed è stato amore a prima vista. "Pagliaccina" è un neologismo: sta per pagliaccio-femmina-piccina (c'è chi mi ha chiesto, a occhi sgranati, cosa significhi, non credete..!).
E' un po' una lettera d'amore che parte rassegnata e finisce in netto miglioramento: anche qui ho voluto condire il tutto con una luce di speranza ben più forte del normale... ed è giusto che sia così, per la più bella lettera d'amore che abbia scritto finora.
A essere sinceri, però, "La Pagliaccina" è qualcosa di più di una lettera: è sopratutto il proseguimento di un tentativo: quello di descrivere una ragazza speciale a un bambino di 7 anni e, per me ancora più importante, è ciò che un ignorante direbbe alla fata di cui si è innamorato...
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