Nonostante sia più vicino ai 30 che ai 20, il mio mondo è rimasto quello di una provincia italiana come tante, da vivere con una spensieratezza prossima alla delinquenza e al vandalismo.
Sono gli anni '70: l'eroina sta arrivando persino qui a mietere stronzi a fiaschi e, finalmente, esistono le FM. In realtà io faccio l'operaio: quello che si è innamorato davvero di queste onde invisibili, in grado di attraversare il vuoto come il cemento, è Bruno. E però questo della radio è, non dico un mondo, ma un sistema che mi affascina subdolamente l'inconscio. Cioè, di notte, se proprio non riesco a dormire e il lambro è finito, non è che mi piaccia, però mi riesce naturale infilarmi una sigaretta tra le labbra e le orecchie tra i cuffioni e starmene lì a parlare, come in una confessione, dell'unica grande Inter, dell'inflazionata voglia di fuggire, della merda che ti fa mangiare la vita... e di quell'altra grande merda; l'ero, ancora lei: di come sappia portare un uomo a farsi fuori da solo, lentamente, nel giro di una notte, facendosi una paglia mentre si gusta i falò di due macchine rubate.
Stefano Accorsi performing Ivan Benassi;
Radiofreccia (1998)
Nessun commento:
Posta un commento