L'abbiamo dimostrato ancora una volta. Lo dimostriamo sempre: spesso e volentieri ci abbandoniamo a facili campanilismi e a razzismi intestini (Milano in fiamme! Roma ladrona! Napoli merda! e via discorrendo...), ma quando c'è un problema vero e reale è come se tutte queste parole non le avessimo nemmeno mai pensate. La tragedia ci apre il cuore, la morte tira fuori la nostra parte più intima, ciò che siamo veramente. Ed è qui che scatta l'istinto di fratellanza nazionale che troppo spesso tendiamo a scordare.
Non è vero che servono i mondiali di calcio per riscoprirci nazione.
6.IV.2009, ore 03:32 circa: la terra, emblema di rifugio e sicurezza, si rivela una puttana traditrice. Alle 10:00 di mattino l'emergenza primaria è il sangue? In meno di sette ore quell'emergenza non esisteva più. Tutta l'Italia si è privata di qualcosa per tappare la ferita, ancora profonda cicatrice, che ha intaccato una delle sue regioni più belle. L'Italia ha veramente dato il sangue per l'Abruzzo, l'ho già detto: quando alle 18:00 di lunedì sono andato all'AVIS per fare una donazione mi è stato risposto che non ce ne era più bisogno.
Anche in termini pratici, di "mani", un solo pensiero è passato per la testa di tantissimi italiani "Andiamo... aiutiamo!".
Certo, significa anche, nel caos creatosi "Andiamo... e intralciamo"; è vero. Ma l'importante è che questo sentimento ci sia stato: il sentimento di servizio gratuito, dettato dal cuore.. Come in Friuli, in Irpinia, o a Firenze dopo l'alluvione... Dopo un solo giorno i volontari erano due per abitante. Molti che volevano partire hanno rinunciato: avevano capito che sarebbero stati solo d'intralcio.
Ora, lentamente, l'asse dell'attenzione collettiva si sta spostando: il mondo ci passa ogni giorno segnali contrastanti e di scarso interesse ( Noemi e il suo "papi", la nuova xenofobia messicana per la febbre suina, il magnate Flick che non compre più la Roma...)
Dove i giornalisti vanno viavia scemando (alleluja), la musica riporta una grande ulteriore vittoria, provando quando possa unire nella diversità.
21.IV.2009 In seguito a un'idea di Giuliano Sangiorgi, Lorenzo Jovanotti e Mauro Pagani, 56 artisti del panorama musicale italiano si incontrano allo studio di registrazione di quest'ultimo per incidere "Domani 21/04/2009", un brano alla maniera di "We are the world" e "Do they know it's Christmas?".
Il 6 maggio, alle 3:30, a un mese esatto dal terremoto, il pezzo entra in rotazione radiofonica e televisiva. Gli artisti hanno lavorato a titolo completamente gratuito, e il ricavato sarà devoluto per la ricostruzione del conservatorio "Alfredo Casella".
Tutti sono perfettamente integrati: è vero, si canta (molto) poco per ognuno, ma il ritmo convincente in cui si inseriscono senza difficoltà anche i rappers è sublimato dal delicatissimo violino di Mauro Pagani e dai voluti contrasti vocali tra i cantanti (Gianna Nannini ed Elisa, che cantano una dopo l'altra), e tutto questo non può non piacere.
Non mi vergogno a dire che al primo ascolto mi sono venuti i brividi, al secondo mi sono commosso e al terzo ho pianto.
La poesia del testo, che "scorre" da una bocca all'altra, resta intrisa della drammatica attualità ("Estraggo un foglio nella risma nascosto
scrivo e non riesco forse perché il sisma m' ha scosso" o "non bastano le lacrime ad impastare il calcestruzzo
eccoci qua cittadini d' Abruzzo"
e "aumentano dintensità le lampadine una frazione di
secondo prima della fine"), condita in certi momenti da un forte realismo personale ("la tua patria da ricostruire,
comu le scole, le case e specialmente lu core
e puru nu postu cu facimu l'amore") e da metafore di sicuro effetto (come l'aquila che vola libera tra il sole e i sassi/ siamo sempre diversi e siamo sempre gli stessi/) il cui scopo è sottolineare quanto detto prima: il dolore uscito dalla terra ha intaccato anche noi, e non potevamo fare finta di niente. I volontari non sono angeli scesi dal cielo: sono sempre le stesse normalissime persone con cui scherzi, bevi assieme e ti confronti. Semplicemente hanno risposto subito al muto richiamo di aiuto "Siamo così soli". E' la comunità che si riscopre, l'uomo catapultato bruscamente da un modello di vita che favorisce l'individualismo a un altro in cui, senza avere molto, si mette quel poco che si ha a disposizione del vicino, che magari fino al giorno prima era un perfetto sconosciuto. E non è facile.
Forse non è vero che "con un po' di fortuna si può dimenticare"; ma la speranza è che "domani si passa il confine: e di nuovo la vita sembra fatta per me: e comincia... domani.."
Se siamo insieme, DOMANI E' GIA' QUI!
giovedì 7 maggio 2009
Domani
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