Sebbene sia stata la compagnia acustica di tantissimi viaggi in auto della mia tarda infanzia, non posso dire di essere un fan accanito di Giorgia, né di averla sempre apprezzata senza condizioni. E, tuttavia, quando ho saputo dell'imminente uscita di Senza paura, ammetto di avere sbracciato parecchio per poterlo ascoltare quanto prima, incuriosito sì da un paio di interviste lette in rete, ma soprattutto dall'enigmatico video del singolo di lancio Quando una stella muore: il mistero di quei due vestiti identici, l'uno bianco e l'altro nero, così semplici eppure così preziosi, continua ad attanagliarmi lasciandomi dopo ogni visualizzazione in profonda crisi interpretativa.
Innanzitutto, perché "quando una stella muore fa male"? E a chi, poi? Alla stella stessa o a chi ci si affidava, come a un punto di riferimento? Rivolgere un pensiero ad Alex Baroni sarebbe forse fin troppo semplice - non per questo "sbagliato", si intenda - ma l'impressione è che per trovare una risposta esauriente dovremmo entrare all'interno di una sfera talmente intima da farci vergognare almeno un po' di avervi voluto fare irruzione... tanto meglio, perciò, prendere la canzone per quello che è, lasciando che parli a ognuno della particolare realtà che si ha dentro. Perché è questo che fanno le canzoni: al di là del messaggio dell'autore, riferiscono né più né meno ciò che ciascuno vuole sentirci.
L'album intero rappresenta, nel suo complesso, il prodotto che ci si aspetta da un lavoro di Giorgia Todrani, con sonorità più o meno spezzate, tendenti alle volte all'elettronico, alle volte a quel genere di armonia semplice e orecchiabile, fatta di tastiere e grancasse, che ha caratterizzato tanta efficace canzone popolare. Pure la componente vocalica, da parte sua, vede tentativi innovativi e in ottima parte riusciti: la voce dell'anima che apre Riflesso di me partendo da un piano di volume sottomesso offre davvero un'impressione di stream of consciousness, di sfogo emotivo che resta confinato nel cervello prima dell'esposizione vera e propria. E un discorso analogo potrebbe essere fatto per Perfetto.
Ciò che stupisce, in assoluto, è di trovarsi di fronte a una Giorgia così semplice e nuda: il che, a voler vedere, permetterebbe di far seguire al titolo "Senza paura" qualcosa sul genere "di parlare di me" o "di raccontare tutto". Diciamocelo, lascia sconcertati ascoltare la bella cantante romana lacrimare "non mi ami: perché non mi ami?". Non che non ci avesse avvisati: quell'occhio lucido che fa capolino da sopra la spalla scoperta, sulla copertina dell'album, non ci prometteva nulla di meno...
C'è un dato che mi preme sottolineare: specie a livello di testi, difficilmente si trova qualcosa che stupisca, immagini originali da lasciare con le braccia spalancate... Un po' una sorta di distintivo visto e considerato che, a essere onesti, tolta qualche perla come Girasole o Di sole e d'azzurro, non si può certo dire che Giorgia abbia creato figure "indimenticabili". Ora, la domanda fondamentale: è, questa, una pecca? Per chi scrive la risposta è "certamente no". Diverso sarebbe se la nostra ci proponesse di continuo delle assolute banalità (brani impostati secondo lo schema "baby i love you", scevri di quell'umanità tutta dubbi e difficoltà che appassione, tanto per capirci); ma, nel caso specifico, il "banale", per quanto sia parzialmente ingiusto definirlo così, riguarda tuttalpiù alcune metafore: e parliamo di metafore sì adoperate fino alla svalutazione, ma perché riuscitissime: quindi valide e parte a tutti gli effetti del patrimonio comune. Ci si riferisce, naturalmente, a suggestioni quali "il nostro cielo nella stanza" di Perfetto, "il grigio del cemento della civiltà" o "il volo di gabbiani attraversare il mare" di Avrò cura di te. Ma ci sono anche, va detto, piccole e isolate trovate compositive dalla magia superiore: nel bijoux Vedrai com'è brilla un "troppe domande troppe risposte rotte" in un singhiozzo che è tutta poesia. E quando, con L'amore si impara, sentiamo dirci che "la vita rende scomodo cambiare persino un dolore" capiamo di essere davanti a una massima proverbiale, dall'effetto originale e garantito.
Insomma, se è vero che il momento della confessione, in cui ci si racconta senza paura, generalmente precede una qualche evoluzione allora è legittimo arrivare a dire che ci troviamo davanti a un lavoro sicuramente unico e irripetibile, a tratti meraviglioso e riuscitissimo, a ogni modo testimone di una fase, di un momento, di un passaggio.
Giorgia non "sta cambiando": è cambiata e ce lo ha voluto comunicare con il suo cd più intimistico, attraverso brani guida quali Oggi vendo tutto, tematiche sfumate dai contorni racchiusi in poco più di un epigramma (Vedrai com'è e Ogni fiore) e altre perle inedite nella forma ma comunque riuscitissime (vedi Pregherò - I will pray nel conturbante duetto con Alicia Keys).
Tirando le somme, se quella cui stiamo assistendo è davvero un'evoluzione, presto sentiremo parlare ancora tanto (e bene) di Giorgia Todrani.
E poi sarà come finire...
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