Era un giorno freddo d'inverno
martedì 29 dicembre 2009
Canzoni che mi uccidono - 3 - L'amore ai tempi del caos
Era un giorno freddo d'inverno
sabato 26 dicembre 2009
Canzoni che mi uccidono - 2 - La città che muore -
giovedì 24 dicembre 2009
Canzoni che mi uccidono - 1 - Human Touch
And a little of that human touch...
Aint no bread from heavenly skies
Aint nobody drawing wine from this blood
It's just you and me tonight...
Well it comes at a hard hard price
You can't shut off the risk and the pain
Without losing the love that remains
Were all riders on this train...
domenica 20 dicembre 2009
Regalo di Natale... Lungo i viali
sento solo una voce che tace
e che non ricorda più com’eri
tre anni fa
quando tutto cominciò
stavamo stesi al sole d’estate
ci stringevamo d’inverno
e tutto scivolava via
io adesso riesco a camminare
anche dieci minuti
senza respirare
nascosto e distante
solo lungo i viali
sei ancora in grado
di scrivere lettere d’amore
o tutte le parole
ti sembrano stupide?
riesci a dire in giro
cosa succede nella tua testa
o sei costretto a tenere
tutto dentro di te?
io adesso vorrei cancellare
ogni singola voce
che mi esplode in testa
lasciarla a marcire
fuori lungo i viali
io adesso vorrei camminare
anche dieci minuti
senza respirare
nascosto e distante
solo lungo i viali
mercoledì 2 dicembre 2009
Poesie sparse...11 -Pegasus-
venerdì 6 novembre 2009
venerdì 30 ottobre 2009
L'importanza di chiamarsi Bagheera
“Tutti la conoscevano e nessuno osava tagliarle la strada perché era astuta come Tabaqui, coraggiosa come il bufalo selvaggio e temeraria come l’elefante ferito. Ma aveva una voce dolce e una pelle più morbida della piuma”
sabato 24 ottobre 2009
Mentre al bar si chiedono dove sei finita
con la testa sul cuscino e gli occhi chiusi,
raccontata piano piano nell’orecchio…
perché a me non piace che le belle storie siano di tutti.
Piano piano nell’orecchio…
senza che nessuno ti senta,
mentre al bar si chiedono dove sei finita.
come spuma sulla cresta dell’onda
non riusciamo a non vivere sulla superficie di noi stessi,
soffocati dai battiti del nero cuore dell’accadere.
sei solo un’utopia.
Non sei una terapia
sei solo una miopia.
sono quello che vedo.
Un pezzo di pane
in bilico sul lavandino
di una cucina.
come gatti,
ci graffiamo
attratti
a tratti.
E’ la più bella,
ma si vergogna a uscire di casa.
Dopo che gliel'ho fracassata contro il muro,
non riesce più a montarsi la testa.
Giorno qualunque
col cuore che piange
col domani che spinge
Ti penso alle cinque.
Era cattivo.
Non c’erano particolari motivi perché lo fosse.
La famiglia l’amava, gli amici lo rispettavano, la donna lo credeva il miglior compagno che avesse mai avuto.
Ma era cattivo. Crudele. Spietato.
Era nato così.
80. 90. 100 all’ora. Non andava da nessuna parte. Non pensava.
Stringeva i denti e accelerava.
che non tutte le donne sono puttane.
Lo sono solo le mie.
-Charles Bukowski-
mercoledì 14 ottobre 2009
Poesie sparse...10 - Il first man è solo il cantante -
Al basso sono bravo, è risaputo
(probabilmente per affinità di toni)
come chitarra no, non vado male
alle tastiere faccio divertire
e se do il ritmo so tenerlo bene
ma nonostante questo non mi vedi.
Il first man della band, si sa, è il cantante.
martedì 29 settembre 2009
Finchè Inverno Non Ci Separi
Questa era un sacco di tempo che volevo postarla: è un raccontino breve, d'amore, tutto particolare. L'ha scritto Luisa Iervolino, una scrittrice d'effetto e di talento oltre che, come primissima cosa, un' amica. La stessa CheshireCat delle foto, tra l'altro. I suoi blog li potete vedere nella colonna a sinistra, sono lì da un po'. In caso spizzate anche da qui e da qui.
Grazie Lu, per avermi permesso di postare questa tua magnifica perla e di poterla condividere con i due lettori due che ho...
C’era una volta un Giardino bellissimo, che sorgeva vicino al mare. Lì stavano moltissime e diversissime floreali creature, ognuna con il suo incantevole aroma, che si mischiava in una piacevole danza con quello del sale marino. In questo Giardino c’erano tanti Arbusti da frutto, tanti Cespugli a macchie gialle, rosa, viola e blu; tutti in gruppo, ognuno col suo simile, come sull’arca di Noè.
Ma in quella biblica scena solo una verde creatura era rimasta senza compagno. Un’unica pianta di Giglio, sola. Non bella, non brutta, ma solida e resistente al vento. Stava in disparte nel Giardino, così che sembrava che anche i cespugli la guardassero con disprezzo. La pianta generò un solo Bocciolo con tutte le sue forze, a fatica, come a voler dimostrare alle altre piante crudeli di saper mettere al mondo un Giglio bellissimo, dal candido colore. La neomadre voleva ora sentire le dolci parole del Padrone di casa, che lì l’aveva piantata; voleva essere orgogliosa del suo pargolo.
Eccolo! Arriva! Sembrano gridare i Cespugli quando il vecchio Padrone di casa si trascina fino al Giardino. Lento il passo, stretto tra le sue dita stava un gambo ignoto. Sul capo del verde corpo, un piccolo vermiglio Bocciolo, ancora acerbo. Ai piedi della pianta di Giglio, il Padrone apre una buca e vi poggia le caviglie mozze di quella nuova pianta. Una accanto all’altro, sotto lo stesso Cielo, una Rosa rossa piantata accanto alla solitaria, linfatica, stanca creatura di Giglio vestita.
“Piccolo figlio mio, destati! Ammira questo essere che il Destino ci ha posto vicino!”
Alle parole della dolce Madre, il bianco fiore si dischiude, stropicciandosi i petali con le foglioline addormentate. Impossibile distoglierle gli occhi di dosso. Calamitanti sfumature la vestono. Splendido il suo profumo, più dolce del miele che portano le Api nell’aria.
Amore a prima vista. Lui guardava lei, lei non lo guardava affatto. E i Cespugli attorno ridevano. “Che ridano pure!” dicevano al Giglio le Api rumorose, e lui rispondeva guardando solo la sua bella Rosa, come se fosse stato colpito in pieno dal classico fulmine a ciel sereno. La sera, alla luce della Luna, il Giglio cantava per Lei con la voce del Vento. Era consapevole dell’impossibilità di quell’Amore. “Madre, Lei è così bella ed elegante. Come potrebbe mai amarmi se neanche sa che esisto? Mi si gela la linfa al solo pensiero di rivolgerle la parola. Vorrei, ma ho il labbro muto, e non so parlare.” Piangeva il Giglio sulle foglie della genitrice. “Non posso che amarla da lontano, sperando che almeno gradisca il mio canto.” E passavano i soli e le lune sulle loro chiome. Un bel giorno di Primavera, quando le Cavolaie si inseguono in una passionale coreografia, il Padrone scese in Giardino. Teneva in mano un oggetto che le piante avevano visto molte volte. Il Padrone le chiama Forbici e le usa per accorciare i rami degli Alberi da frutto del Giardino. Ma stavolta no. “Si sposa sua figlia!” gridò un Cipresso, che aveva sentito uscire, dalla sua altezza, le parole della finestra della camera della giovane. “Vorrà un bouquet!” Le Piante restano mute, trattengono il fiato, sperando di non essere proprio loro a dover ornare la Sposa. Poi, dal nulla, un urlo vegetale. Alla pianta di Giglio viene portato via suo Figlio, recise le sue caviglie con le Forbici, letale strumento.
Minuti, lunghissimi minuti dopo, il bianco fiore si ritrovò in un vaso trasparente, con l’acqua che gli solleticava i piedi feriti e accanto ad altri fiori recisi come lui. Mai aveva provato il contatto con altri che non fossero sua Madre. Nella moltitudine di odori e colori la vide. La sua amata Rosa gli era capitata accanto nel caos del vaso. Il giovane Giglio ci mise circa tre ore per convincersi a parlare. E con voce emozionata riuscì solo a dirle “Ti amo”. Lei, imbarazzata (non curante di essere rossa già dalla nascita), emise un sospiro di sollievo, rilassando i petali vermigli della sua chioma. “Meno male…” disse a bassa voce, “non volevo essere io a dirlo per prima.”
Nel dì delle nozze della Figlia del Padrone di casa, stretti nel bouquet c’erano un bellissimo Giglio e una splendida Rosa rossa, i più belli tra i Fiori del mazzo.
Quel giorno i due giovani esseri vegetali si sposarono. E vissero felici e contenti, lo spazio di un mattino.
sabato 19 settembre 2009
Kabul, 17.IX.2009
venerdì 11 settembre 2009
Poesie sparse...9
domenica 30 agosto 2009
Poesie sparse...8 ... Dormi...
Di questa notte che se ne sta andando
nella magia del sonno non ti accorgi.
Si fa strada la luce è quasi giorno
e io disteso a terra te vicina
respiro con le orecchie i tuoi sospiri
appena scossi dall'agreste freddo
ultima eredità prima dell'alba.
Ti copro ti riscaldo
e poi mi arrendo alle scomparse stelle.
2-30.VIII.'09
UN PAIO DI NOTAZIONI: ...
... A dire il vero volevo postare un'altra poesia; ma visto che ultimamente certi miei versi sono stati "contestati", a volte quasi disprezzati, per quello che pubblico online cerco di essere il più lontano possibile da situazioni e persone che potrebbero sentirsi "coinvolti"... poveri piccoli!
... La situazione descritta -questa notazione è sempre per gli "offesi"- non è per forza di cose stata vissuta. Comunque non per forza è stata vissuta dalla mia persona. Magari è solo una pippa mentale e basta. O magari è proprio una situazione vera e reale, vissuta da me.. ma cosa cazzo ve ne frega??! Poesia, come si dice, è realtà di un'occasione e la sua proiezione cosmica... capito? O parlo troppo forbito? -nun me pare...-
... L'autore della canzone nel video si fa chiamare 4tu. L'ho trovato per caso mentre cercavo una canzone che non c'entrava niente su emule. Così è successo a tutti quelli che lo conoscono. Di lui so poco altro, a parte il fatto che è unico. Temo che qui l'unico poeta sia lui, quindi mi levo il cappello e produco un profondo inchino per lui -fiero di averti come amico su youtube!-
... Grazie a una fortunata serie di sbagli legati all'anonimato di questo figuro, ho scoperto Fabrizio Coppola, altro mito musicalmente parlando, almeno per me. (... sì Barzo..: proprio lui, la piaga!)
... I miei poveri versi di quest'occasione sono in parte ispirati proprio al brano "dormi", ma probabilmente lo avevate già capito...
domenica 16 agosto 2009
Dovevamo saperlo che l'amore -parte 4- CARbingers of the ECOcalypse
Questo video, visto per caso in tv, diventa un ottimo spunto per toccare un tasto molto delicato riguardo il nostro vivere quotidiano... e per aprire, in futuro, altre finestre.
Per affrontare questo problema ci viene in aiuto, ancora una volta, il magister professor Giuseppe Elio Ligotti: tuttavia non apriamo il discorso, come nostro solito, con "Dovevamo saperlo che l'amore", ma con "I numeri del fuoco", disponibile nelle librerie.
"... hanno dato fuoco a un centinaio di autovetture. Pareva la prova della notte delle streghe" confermò Edoardo. Poi ironizzò: "Il tuo vecchio amore per la macchina, eh?!"
"Certo. Io non mi rassegno a vivere in questa bolgia: l'invasione delle automobili, il traffico impazzito. E tutti zitti, tutti conniventi. E tutti isterici. Alle volte ho come l'impressione di essere l'unico a opporre resistenza. Intendo mentalmente".
"Ma la tua macchina non è parcheggiata lì fuori accanto alla mia?"
"Senti, il motivetto lo conosco: non possiamo più fare a meno dell'automobile. E lo credo. Hanno costruito le città a misura di tangenziale. E io che faccio, mi sottraggo?"
"Allora convieni che una resistenza di tipo mentale è pura frustrazione?"
"Convengo. Ma ogni frustrazione ha una sua valvola. La mia è il rifiuto del cervello all'ammasso. Quanto ai comitati di salute pubblica, nessuno mi toglie dalla testa che non esisterebbero se non ci fossero i comitati dichiarati di salute privata".
"Per me la tua posizione resta vagamente anacronistica"
..........
"Basta un semplice cambio di vocale, e una vocale in aggiunta. Stia a sentire. Caput mundi. Capote mundi... (...) Capote mundi. Come a dire che il centro del mondo si farà tettuccio del mondo. Fare dell'Urbe una città nel segno del centauro. L'intuizione di Tigellino, la sua intuizione, Gil, elevata a potenza, valorizzata, attualizzata. La città dei centauri. Un disteso garage a cielo aperto. Piazze, piazzole e vie: punto di collegamento e di raccolta per veicoli d'ogni tipo e targa; un enorme parcheggio, un oceano di alte cilindrate, di motori a scoppio, di padiglioni, castra motoria... fitti, fittissimi reticolati recintati da scocche e parafanghi, protetti da marmitte e cofani e cafoni, a perdita d'occhio. Un unico accampamento. Nè mancheranno le grandi pompe, gli sfarzosi distributori, le stazioni di servizio. Il più vasto serbatoio d'Occidente. Capote mundi. E' il destino dell'Urbe. L'esito più probativo della storia, la sua normale cloaca (...) Mai negare la storia, Gil, lei me lo insegna. Sotto ogni tabula rasa, c'è una platea d'attese, c'è un nuovo destino, o uno vecchio. Ecco: cancellare, fare tabula rasa, slargare la periferia, sventrare il centro, stroncare ogni parassitismo da bazar: non è la politica dei cavalieri?....
E adesso, direttamente da Dovevamo saperlo che l'amore, un ultimo brevissimo pippone da leggersi: fà un po' da spiegazione a quanto detto finora e getta il ponte necessario per aprire un discorso che cominceremo quanto prima.
“Ti faccio una predizione,” disse quello stesso pomeriggio Tomasi, perfettamente lucido. “Ascoltami bene, ragazzo! Non si arriverà agli anni novanta che il comunismo crollerà. E sarà merito della Chiesa. E anche dei miei scritti, in latino naturalmente. Hai capito cosa ho detto?”
“Tomasi, a me che il comunismo sovietico crolli interessa poco o niente. Anzi, forse lo auspico pure. Io sono un liberalsocialista.”
“Non esistono i liberalsocialisti. Non esistono! O si è liberali o si è socialisti. Ma uno con la tua testa queste cose non le capisce? Lo diceva anche Croce.”
“Croce aveva torto. Forse il comunismo crollerà, e ripeto: io lo auspico. Ma allora sorgeranno i veri problemi. Il capitalismo si scatenerà a tutte le latitudini, occuperà tutti i mercati, tenterà di schiavizzare il mondo con il miraggio del benessere e del petrolio. Bisognerà impedirlo. E non ci sarà che la via liberalsocialista. Il massimo della libertà, il massimo della giustizia sociale. Allora il mondo sarà liberalsocialista. O non sarà.”
“Tu mi farai impazzire, impazzire mi farai…”
... Fuori i vostri pareri adesso... NON SIATE TIMIDI!
martedì 11 agosto 2009
2°-4° tappa (Longoni-Musella)
lunedì 20 luglio 2009
Truppe Cammellate... senza Camel
Ora vedo tutto più chiaro. Cose che prima non capivo, altre che invece non volevo proprio capire... altre ancora che, nonostante tutto, mi ostinerò sempre e comunque a non comprendere.
domenica 12 luglio 2009
L'amore... lontano dagli scacchi!
Le donne che aveva avuto se le ricordava tutte (…) ma ancora di più, e con una precisione
assoluta, si ricordava di tutte quelle che avrebbe voluto baciare e non aveva baciato. Per un errore di calcolo, un contrattempo banale o, al contrario, per aver condotto un gioco eccellente, ma incapace di affrancarsi da uno stato di continua vigilanza e controllo. L’amore vuole mosse sbagliate, il coraggio di precipitare le sorti, di distruggere e proprie difese, di esporsi al gioco altrui e all’altrui decisione, ma a lui questo era del tutto restio. Per natura. Rammentava ciascuna di quelle storie incompiute: un incontro fortuito in libreria, la passeggiata pomeridiana in un parco, una cucina dalla luce gialla… circostanze in cui non gli era mai riuscito di rompere l’equilibrio della conversazione. Perché? Perché non aveva sacrificato nemmeno un pedone pur di innescare una qualsiasi conseguenza? Per quale assurdo ritegno? (…) Con le donne gli accadeva l’opposto di quello che praticava negli scacchi. Era magistrale nelle aperture, brillante nella fase di mezzo, ma assolutamente debole nel finale. Per fortuna nella maggior parte dei casi ci pensavano loro a toglierlo d’impaccio. La verità era che la vita rappresentava per lui una pausa dalle fatiche del gioco e preferiva che qualcun altro conducesse le danze e provocasse la catena degli avvenimenti che portano sino a una stanza d’albergo o al divano di una casa borghese. Non capiva che proprio così subiva gli unici scacchi della sua carriera. Alle tante donne che, al suo posto, sapevano prendere l’iniziativa, portava un profondo senso di gratitudine, ma niente di più, dopo il loro passaggio; le altre, invece, continuavano a tornargli in sogno, come una prova della sua insufficienza, e ci pensava così tanto che ogni volta stava per innamorarsene.
In fondo, quello che lo interessava davvero era elaborare una nuova maniera di sedurre. La sera, a cena, bastava che osservasse gli altri tavoli e avrebbe potuto recitare a memoria le battute di ciascuno. Era sempre la stessa commedia. Detestava appartenere al genere maschile, alla vigliaccheria che sempre, prima o poi, gli uomini finiscono per dimostrare nei rapporti amorosi. Lo animava una sorte di inconfessabile ideale cavalleresco. Aspirava allo stesso coraggio e alla stessa fantasia con i quali si batteva su ogni scacchiera. Come per il movimento della regina, provava un’infinita curiosità per quello di ogni donna che incontrava, e quasi un sentimento di giustizia, una voglia, un bisogno, di omaggiarla con una riverenza cristallina. E un risarcimento di sguardi e di parole autentiche. Come se l’amore potesse essere una solidarietà degli occhi prima che delle mani.
Di regola, cercava di attenersi a un’eleganza impeccabile, ma nascosta. Entrava in scena in punta di piedi. Ma la sua stessa silenziosa presenza creava nell’aria una tensione insolita. Evitava di acquistare meriti con le persone con cui parlava. Nuotava nel silenzio e nella gentilezza. Ma era vanitoso. E la sua fama lo aiutava. Gli cuciva addosso la maschera di un uomo geniale e di inconsueta sensibilità. In qualche caso, nei suoi giorni migliori, Capablanca sapeva strapparsela e con questo sacrificio, in un gioco di spericolato illusionismo, incantava la compagna del momento fino a lasciarle riconoscere nel suo il volto di un bambino
giovedì 2 luglio 2009
GoodBye, Top-Gun!
“ Ci vuole un po’ per abituarsi a questa idea. Ci sono momenti nella vita in cui bisogna saper scegliere e avere la forza di smettere quando dispiace ancora a qualcuno. Con questa Società c’è un rapporto vero e voglio ringraziarli di questa possibilità di lavorare nel settore giovanile, una nuova avventura in cui mi butto con entusiasmo.” Questa è stata la dichiarazione di Vincenzo Montella nell'intervista concessa ieri a RomaChannel.
L'areoplanino dopo una carriera straordinaria e tanti anni meravigliosi in giallorosso, lascia il calcio giocato, rimanendo comunque nella famiglia giallorossa in veste di allenatore per una squadra giovanile. (www.asroma.it)
L' 'aeroplanino' non volerà più dopo un gol d'autore. Vincenzo Montella ha deciso di appendere gli scarpini al chiodo per cimentarsi nella carriera di allenatore. L'ultimo insieme a Totti dei reduci dello scudetto giallorosso dell'era Sensi lascerà la squadra di Spalletti, ma non Trigoria dove dovrebbe prendere la guida di una formazione delle giovanili della Roma. L'ex attaccante di Empoli e Sampdoria non é partito quindi per il ritiro dei giallorossi che oggi, primi tra tutti in Serie A, cominciano la stagione 2009-2010. Top Gun lascia al calcio italiano il ricordo di tutti i suoi gol (141 in 'A' di cui 83 con la Roma), molti dei quali realizzati in acrobazia e di straordinaria bellezza. Resterà nella storia del club capitolino e dei tifosi affezionati a lui per i tanti gol e in particolare per il poker calato alla Lazio nel derby vinto 5-1 l'11 marzo del 2002. Nel giorno in cui comincia la preparazione della Roma, Montella decide di dire basta con il calcio giocato e di provare a rientrare in campo passando per la panchina. (www.ansa.it)
Ci vuole davvero un po' per abituarsi a questa idea... Non era solo l'ultimo reduce dello scudetto 2001, era qualcosa di più. Ma non so dirvi cosa. Peccato non sia stato sfruttato molto negli ultimi anni, perchè aveva ancora grandi doti.
Sicuramente era il mio giocatore preferito, ragion per cui il video del suo mitologico "poker" nel derby con la Lazzie è d'obbligo.
Ciao areoplanino, ora insegna ad altri a volare come te!
domenica 21 giugno 2009
Sei solo una miopia del cazzo
mercoledì 17 giugno 2009
Tu, vento di marzo
Così Pix scoprì il grandissimo Pavese, almeno come poeta:
You, wind of March
Sei la vita e la morte.
Sei venuta di marzo
sulla terra nuda -
il tuo brivido dura.
Sangue di primavera
- anemone o nube -
il tuo passo leggero
ha violato la terra.
Ricomincia il dolore.
Il tuo passo leggero
ha riaperto il dolore.
Era fredda la terra
sotto povero cielo,
era immobile e chiusa
in un torpido sogno,
come chi più non soffre.
Anche il gelo era dolce
dentro il cuore profondo.
Tra la vita e la morte
la speranza taceva.
Ora ha una voce e un sangue
ogni cosa che vive.
Ora la terra e il cielo
sono un brivido forte,
la speranza li torce,
li sconvolge il mattino,
li sommerge il tuo passo,
il tuo fiato d'aurora.
Sangue di primavera,
tutta la terra trema
di un antico tremore.
Hai riaperto il dolore.
Sei la vita e la morte.
Sopra la terra nuda
sei passata leggera
come rondine o nube,
e il torrente del cuore
si è ridestato ed irrompe
e si specchia nel cielo
e rispecchia le cose -
e le cose, nel cielo e nel cuore
soffrono e si contorcono
nell'attesa di te.
E' il mattino, è l'aurora,
sangue di primavera,
tu hai violato la terra.
La speranza si torce,
e ti attende ti chiama.
Sei la vita e la morte.
Il tuo passo è leggero.
La canzone sù è per ricordare la (forse) più grande voce femminile della musica italiana: Mia Martini... Oltre a essere, come al solito, una sorta di "message in a bottle"; ma chi mi conosce ormai sa che è perfettamente normale...
GUARDAMI IN FACCIA QUANDO MI PARLI.... SE SEI SINCERA!
Un altro verso indimenticabile
lunedì 8 giugno 2009
Poesie sparse...5
Il verso è morto, e inutile è poesia:
non serve più nemmeno a rimorchiare.
Poetare porta in sacca zero titoli.
Baci 'letteratura! Au friedersen!
Resta però il dilemma su che fare:
la chimica sarà mai il mio mestiere
se non riesco nemmeno a ricavare
la formula-reazione del tuo amore
...battito accelerato, sudorazione, aumento di energia, a volte di sonnolenza e perdita di appetito. Insomma quella sensazione nella pancia… che ci fa perdere la testa! La “dopamina”, la “norepinefrina” o la “feniletamina” vengono a loro volta innestati da impulsi visivi o uditivi legati solo ed esclusivamente alla persona di cui ci stiamo innamorando. Nei primi stadi di una relazione i livelli di serotonina sono simili a quelli presenti in un malato di ossessione compulsiva! Anche se questo approccio non è tra i più dolci, ci può fare riflettere molto sugli effetti dell’amore. Negli stadi più avanzati di una storia d’amore, l’agente chimico “ossitocina” è il responsabile del legame forte che si crea tra due persone. Tra l’altro, si tratta dello stesso agente chimico che consolida il legame madre-figlio. L’effetto di questo agente disinibisce quello della “norepinefrina” e della “feniletamina”: per questo la passione dei primi mesi diminuisce nel corso del tempo; al suo posto si instaura un rapporto di amore profondo e totale che è destinato a crescere. Dall’”endorfina” invece deriva la sensazione di rilassamento e felicità, tipica di quando si ha una storia d’amore.
domenica 31 maggio 2009
Poesie sparse...4
martedì 19 maggio 2009
Poesie sparse....3
Il problema è essenzialmente uno: dancer o denser?
Il senso della canzone cambia completamente: Nel primo caso (Are we human or are we dancer) si intenderebbe "siamo uomini o marionette?" (e allora c'è un destino incontrollabile che ha già deciso per me e al quale non mi posso opporre).
Oppure, prendendo per buono "denser", cioè "più denso", tradurremmo "siamo uomini o siamo qualcosa di più?"
Cazzo se è poetico.
Cosa c'entra questo? Niente, era tanto per introdurre 'sti due versi, sotto cui c'è molto meno di quanto possa sembrare:
Tu scendi dalle scale e del mio cuore
non ci capisci una beata mazza
Non so se non mi ami o se fai finta:
Il cuore parte a ritmo sussultorio.
Tu passi di sfuggita e io ti vedo
solo attraverso cancelli e finestre.
Sono le cose che non vuoi capire
cose che non puoi proprio attraversare
Quando una donna va con gli occhi a terra
piange e rivela cose che non dice
Il commento del magister: persegue una linea di moderno dolcestilnovo che vorrebbe farsi rabbioso senza riuscirci...
domenica 10 maggio 2009
Dovevamo saperlo che l'amore -parte 3-
Se non vi degnate di commentare nemmeno questo, si vede che di storia e/o politica, non capite proprio un cazzo... dal già citato libro del professor Ligotti...
Lo hanno ammazzato.
Da non credere. Questa è la fine. La fine di tutto. La fine della politica.
Certo, non era un santo. Era pure stato difensore d’ufficio delle malefatte della DC. Ma che c’entrava ammazzarlo?
Ha vinto l’oscurità, la doppiezza, l’impostura. Da questo momento sarà impossibile tornare a fare politica come servizio. Hanno vinto i poteri occulti.
Adesso li arresteranno, si faranno arrestare, uno per uno. Qualcuno poi incomincerà a parlare. Ma non dirà mai tutto. Ammesso che questo qualcuno sappia qualcosa. Ma qualcuno sa. E poi non si scappa. O fra loro c’erano infiltrati, o in ogni caso si sono lasciati utilizzare, ‘sfruttare’. Ma non lo sapremo mai. Avevo visto giusto. E anche Tomasi aveva visto giusto. Anche se per lui non fa differenza. Per lui brigatisti, Berlinguer, Pajetta e company discendono tutti dalla stessa matrice, dallo stesso ceppo, ed è un ceppo maledetto… L’assassinio di Moro per lui è la conferma della sua premonizione, come un anatema: il comunismo crollerà. Stavolta ha rifinito il concetto: anche il PCI morirà. Prima si affloscerà, poi scomparirà. Non arriveremo al duemila che il PCI scomparirà dalla scena. Per una volta tanto spero che abbia ragione. Al posto del PCI, un grande partito veramente democratico, azionista, intransigente. Ma non credo che ci sarà spazio. Anche questo progetto hanno fatto fuori. Direi, soprattutto questo progetto. No, non era il PCI a fare paura: era l’intransigenza delle coscienze. Altro che compagni che sbagliano, questi sono killer coscienti e prezzolati. Hanno ucciso la politica, hanno segnato il futuro, lo hanno marcato a sangue, almeno per i prossimi cinquant’anni. Signori miei, mettetevi il cuore in pace. Ma su una cosa Tomasi sbaglia. Quando dice che, una volta presi, questi non usciranno più di galera. No. Questi signori dell’omertà usciranno di galera. È, probabilmente, il prezzo che avranno pattuito. Usciranno e apriranno dei salotti letterari. Poi si convertiranno alle ragioni di quella che continueremo a chiamare ‘democrazia’.
Quelli saranno tempi duri. Il clima sarà mutato. E non parlo del clima politico. Sarà quasi impossibile uscire di casa. Le piazze saranno divenute un manicomio. Una marea di macchine. La consacrazione del nuovo feticcio. Il loro numero raggiungerà quello delle teste pensanti. E non ci sarà più gara. Solo targhe. Tutti vittime. E carnefici. E soprattutto dovremo fare finta di niente. Magari ci consoleremo con qualche nuovo aggeggio tecnologico, di quelli che sulle prime ti fa dire ‘no, non me lo farò mai, io non sto nel gregge’. Ma poi te lo fai, sì che te lo fai. Te lo acquisti. E non è detto che siano tutti da buttare via. Tanto per non sentirti del tutto isolato. Dalle illusioni, dal futuro, da nuove prospettive. Perché è così. Perché per l’uomo tutto si riduce a questo. E non è una cosa astratta, una fola, una nuvola. Le nuvole non si costruiscono. Ma l’affanno per il futuro, per la solidità del futuro, per un futuro di soddisfazioni, questo sì che si costruisce, si medita, alle volte si pianifica pure. Anche i vecchi, nel tumulto dell’arteriosclerosi, parlano della felicità. E per questo vogliono scendere in strada. Tutti vorremmo scendere in strada. Il problema della felicità è legato a quello dello spostamento e della vista. Per questo hanno creato l’automobile. Per farci spostare, per aprirci gli orizzonti, per essere più felici. Ma poi si è scoperto l’imbroglio. Gli spazi si sono ristretti, gli orizzonti sono stati cementati, le automobili hanno invaso la battigia. Fra poco saremo tutti isterici. E allora la felicità mostrerà il suo vero volto: quello di un’angoscia mai sazia. A quel punto ci guarderemo attorno e scopriremo qualche altro marchingegno, ecco come ci arriveremo, qualcosa che ti permetta di essere perfettamente solo, perfettamente inebetito, ma trasognato. Allora nessuno si ricorderà di questo 9 maggio.
Sono stanco. Adesso chiamo Rino, giù in Sicilia, lui è uno psichiatra, sì, lo chiamo e mi sfogo con lui:
“Pronto… Rino, hai sentito?”
“Ho sentito, sì. Ma…”
“… che c’è?”
“C’è… di peggio.”
“Cosa?”
“Oggi stesso. Lo hanno ammazzato. Hanno ammazzato il mio amico…”
Non avrei mai conosciuto Peppino Impastato.
Da quel giorno esatto ho smesso di fare politica.
giovedì 7 maggio 2009
Domani
L'abbiamo dimostrato ancora una volta. Lo dimostriamo sempre: spesso e volentieri ci abbandoniamo a facili campanilismi e a razzismi intestini (Milano in fiamme! Roma ladrona! Napoli merda! e via discorrendo...), ma quando c'è un problema vero e reale è come se tutte queste parole non le avessimo nemmeno mai pensate. La tragedia ci apre il cuore, la morte tira fuori la nostra parte più intima, ciò che siamo veramente. Ed è qui che scatta l'istinto di fratellanza nazionale che troppo spesso tendiamo a scordare.
Non è vero che servono i mondiali di calcio per riscoprirci nazione.
6.IV.2009, ore 03:32 circa: la terra, emblema di rifugio e sicurezza, si rivela una puttana traditrice. Alle 10:00 di mattino l'emergenza primaria è il sangue? In meno di sette ore quell'emergenza non esisteva più. Tutta l'Italia si è privata di qualcosa per tappare la ferita, ancora profonda cicatrice, che ha intaccato una delle sue regioni più belle. L'Italia ha veramente dato il sangue per l'Abruzzo, l'ho già detto: quando alle 18:00 di lunedì sono andato all'AVIS per fare una donazione mi è stato risposto che non ce ne era più bisogno.
Anche in termini pratici, di "mani", un solo pensiero è passato per la testa di tantissimi italiani "Andiamo... aiutiamo!".
Certo, significa anche, nel caos creatosi "Andiamo... e intralciamo"; è vero. Ma l'importante è che questo sentimento ci sia stato: il sentimento di servizio gratuito, dettato dal cuore.. Come in Friuli, in Irpinia, o a Firenze dopo l'alluvione... Dopo un solo giorno i volontari erano due per abitante. Molti che volevano partire hanno rinunciato: avevano capito che sarebbero stati solo d'intralcio.
Ora, lentamente, l'asse dell'attenzione collettiva si sta spostando: il mondo ci passa ogni giorno segnali contrastanti e di scarso interesse ( Noemi e il suo "papi", la nuova xenofobia messicana per la febbre suina, il magnate Flick che non compre più la Roma...)
Dove i giornalisti vanno viavia scemando (alleluja), la musica riporta una grande ulteriore vittoria, provando quando possa unire nella diversità.
21.IV.2009 In seguito a un'idea di Giuliano Sangiorgi, Lorenzo Jovanotti e Mauro Pagani, 56 artisti del panorama musicale italiano si incontrano allo studio di registrazione di quest'ultimo per incidere "Domani 21/04/2009", un brano alla maniera di "We are the world" e "Do they know it's Christmas?".
Il 6 maggio, alle 3:30, a un mese esatto dal terremoto, il pezzo entra in rotazione radiofonica e televisiva. Gli artisti hanno lavorato a titolo completamente gratuito, e il ricavato sarà devoluto per la ricostruzione del conservatorio "Alfredo Casella".
Tutti sono perfettamente integrati: è vero, si canta (molto) poco per ognuno, ma il ritmo convincente in cui si inseriscono senza difficoltà anche i rappers è sublimato dal delicatissimo violino di Mauro Pagani e dai voluti contrasti vocali tra i cantanti (Gianna Nannini ed Elisa, che cantano una dopo l'altra), e tutto questo non può non piacere.
Non mi vergogno a dire che al primo ascolto mi sono venuti i brividi, al secondo mi sono commosso e al terzo ho pianto.
La poesia del testo, che "scorre" da una bocca all'altra, resta intrisa della drammatica attualità ("Estraggo un foglio nella risma nascosto
scrivo e non riesco forse perché il sisma m' ha scosso" o "non bastano le lacrime ad impastare il calcestruzzo
eccoci qua cittadini d' Abruzzo"
e "aumentano dintensità le lampadine una frazione di
secondo prima della fine"), condita in certi momenti da un forte realismo personale ("la tua patria da ricostruire,
comu le scole, le case e specialmente lu core
e puru nu postu cu facimu l'amore") e da metafore di sicuro effetto (come l'aquila che vola libera tra il sole e i sassi/ siamo sempre diversi e siamo sempre gli stessi/) il cui scopo è sottolineare quanto detto prima: il dolore uscito dalla terra ha intaccato anche noi, e non potevamo fare finta di niente. I volontari non sono angeli scesi dal cielo: sono sempre le stesse normalissime persone con cui scherzi, bevi assieme e ti confronti. Semplicemente hanno risposto subito al muto richiamo di aiuto "Siamo così soli". E' la comunità che si riscopre, l'uomo catapultato bruscamente da un modello di vita che favorisce l'individualismo a un altro in cui, senza avere molto, si mette quel poco che si ha a disposizione del vicino, che magari fino al giorno prima era un perfetto sconosciuto. E non è facile.
Forse non è vero che "con un po' di fortuna si può dimenticare"; ma la speranza è che "domani si passa il confine: e di nuovo la vita sembra fatta per me: e comincia... domani.."
Se siamo insieme, DOMANI E' GIA' QUI!
venerdì 1 maggio 2009
Poesie sparse... 2
I gatti non mi miagolano attorno
se non cercano cibo e sono femmine
La notte traditrice sfuma tutta
la morte dei palazzi e i contorni
di te di me e della città incosciente..
Ascolto quell'odore non preciso:
la voglia inaspettata di Milano.
Le antenne non trasmettono l'amore.
P.S.: La canzone nel video è "La città che muore" di Fabrizio Coppola, che sarà a Roma sabato 9 maggio, al Contestaccio. E' evidente che mi sono ispirato molto a questa canzone per questi versi; ma come dice lo stesso Coppola, nemmeno lui può "mettersi a inventare delle cose: prende delle cose e le mette insieme".... e ci mette sopra del suo.
Bag your pardon se in questa poesiola c'è qualcosa di suo...
domenica 29 marzo 2009
.. passioni...
Ciao gente! Questa ora legale, oltre a farmi girare parecchio le palle per una questione di gusti personali legati alla luce nelle ore serali, mi sta distruggendo. Un anno e 5 giorni fa, stando a leggere il mio quaderno degli appunti, scrivevo "Nata Rima", poesia forse non riuscitissima (che potete trovare in queste pagine), ma senza dubbio per me molto importante, perchè "inizio" di un nuovo periodo... che nella sua nullità ancora non è finito. Da qui un paio di riflessioni sulle passioni, secondo la filosofia di Spinoza.
Al pieno esercizio della ragione si oppongono le passioni; bisogna perciò conoscerle analizzando in modo scientifico la vita emotiva.
Le passioni sono fenomeni come tutti gli altri, determinate dalle leggi eterne e immutabili della natura, e come tali vanno studiate, non diversamente dalle figure geometriche. per capire cosa sono le passioni dobbiamo riferirci alla dinamica che si istituisce nel rapporto tra corpo e anima. Quando un corpo entra in contatto con altri corpi si determina una modificazione, o affezione, la quale è accompagnata dalla consapevolezza, cioè dall'idea o affetto, della modificazione stessa. Nel rapporto con le altre cose l'uomo è perciò coinvolto attraverso sia l'anima che il corpo.
Ora tutto ciò che esiste è animato da una spinta interna volta a conservare o a perfezionare il proprio essere. Sul piano emotivo questa spinta si manifesta come desiderio, che può essere favorito o ostacolato a seconda delle circostanze. Quando il desiderio è favorito, nell'essere desiderante si manifesta un affetto positivo che è la gioia; quando il desiderio è ostacolato, la mente prova tristezza, cioè un affetto negativo che la deprime e la impoverisce; questo tipo di affetto è ciò che Spinoza indica propriamente come "passione".
Desiderio, gioia e tristezza sono per Spinoza gli elementi costitutivi dell'emotività; da essi hanno origine tutti gli altri affetti e passioni, innanzitutto l'amore e l'odio, che conseguono direttamente dalla gioia e dalla tristezza, in quanto non sono altro che le stesse gioia e tristezza accompagnate dall'idea dell'oggetto che le ha prodotte. Allo stesso modo si deducono poi tutti gli altri stati emotivi.
Ora, gli affetti possono essere sia attivi che passivi, a seconda che siano accompagnati da idee chiare e distinte (l'affetto è quindi azione) o da idee confuse (l'affetto è dunque passione). Si prova passione quando l'individuo è condizionato da cause esterne che non dipendono da lui e dalle quali subisce una pressione, senza saperne spiegare le cause. Per esempio, chi si affida all'immaginazione (il primo confuso grado della conoscenza) colloca disordinatamente gli eventi nel tempo e, influenzato dalla precarietà dell'esistenza, si lascia prendere da due passioni uguali e contrarie, il timore e la speranza, che hanno in comune l'atteggiamento instabile verso un futuro presunto: la speranza è gioia incostante, il timore tristezza incostante davanti all'avvenire che si preannuncia ambiguo; l'individuo è allora prigioniero. Quando invece la mente sa spiegare pienamente ciò che accade, dentro e fuori di se, si trova in una posizione attiva, in uno stato di pienezza accompagnata dalla gioia.
La conoscenza adeguata è dunque la via che porta a limitare l'incidenza negativa delle passioni, le quali sono il segno della finitezza umana. Essendo parte della natura, l'uomo non può sottrarsi agli effetti prodotti su di lui dalle cose esterne, non può essere sempre attivo; in questo "patire" (essere oggetto di pressioni esterne) consiste la sua finitezza.
Ma, grazie alla conoscenza, egli può diventare consapevole dello stato in cui vive; allora comprende che le passioni appartengono inevitabilmente alla natura umana e le accetta come tali, senza lasciarsi deprimere dalla tristezza di fronte a eventi sui quali non ha nessun potere di controllo.