lunedì 18 febbraio 2008

ZuccheroFilatoNero: capolavoro dimenticato della musica italiana (o colossale cagata)



E' un'immagine stranissima: qualcosa sembra voler saltare in mente, per ritirarsi subito dopo, con la stessa velocità con cui è venuta.


Avremo visto tutti, almeno una volta nella vita, un po' di zucchero filato; ma "nero".. beh, diciamo che è più difficile... Ma non è certo una figura alimentare quella che vuole essere proposta, quanto una metafora per rappresentare dei bellissimi ricci scuri.


La citazione è presa dalla seconda canzone della tracklist dell'omonimo album sopra citato, unica opera solista di Mauro Repetto, il dimenticato biondino che ballava negli 883 che furono:


"Rimbalzo dei tuoi ricci sopra i seni che se scendi, sai, li sento su di me.. Rimbalzo dei tuoi capelli neri che si muovono a ondate a ritmo tuo.. Rimbalzo del mio cuore sui tuoi ricci, che sono zucchero filato nero"... Ottimo il gioco di ripetizioni, e dovrete convenire che, come immagine poetica, è geniale (faccio notare alle ragazze che questo cantante è anche l'autore di "Come mai", che conoscete sicuramente..)


Certo, se tutto l'album fosse stato così, probabilmente sarebbe diventato un disco che avrebbe fatto il suo (breve) tempo come tanti altri, e poi magari dimenticato... Ma avrete capito che evidentemente non è andata così. Ciò dipende dal fatto che le restanti 11 tracce dell'album non seguono la linea di ZFN: sono tutti inni sbagliati, ubriachi, e sbilenchi; allo sfigato, e quindi alla vita, dove le immagini si susseguono e sfuggono l'una all'altra, a volte senza nemmeno sincro.


Comincio a sparare qualche titolo: "Voglia di cosce e di sigarette". Fa già paura. Ma non crediate che, per la sola etichetta, "My love" sia migliore. Per non parlare poi di "Ma mi caghi?", nella quale un bellissimo sax si sovrappone a un ritmo improvvisamente dance/ hip-hop, continuando con Repetto che sta quasi rappando (ma così velocemente che non si capisce un'acca) per poi completarsi nel disperato urlo di dolore "Ma mi caghi??!" e la conseguente risposta "non mi caghi mai".


Lo sgretolamento totale dell'essere, l'assoluta mancanza di un punto di riferimento che non sia (pur mancando anch'esso) la fica, l'ingrediente preferito di Mauro anche come 883, ricordate? La fica-ma-stronza, la fica-che-non-te-la-da, la fica-che-quasi-te-la-da, la fica-che-rompe, la fica-che-alla-fine-però-è-scialla, la fica-che-te-la-da (?!) ...


Vi sarà chiaro che Repetto non è un filosofo (come Ligabue), o un tuttologo (come Battiato), ma nemmeno un disperato (come Masini, anche se ci va vicino), e non per questo un drogato (come Vasco): è uno SFIGATO (nel senso più letterale della parola) e vuole urlarlo al mondo. Ed è questo che, a mia opinione, rialza completamente lui e il suo album. A me personalmente, pur ammirando Mauro come persona, il disco fa davvero ridere. Chi d'altronde non è dentro di se un po' sfigato? La vita effettivamente prende a schiaffi in faccia un po' tutti, chi come il Repetto di "Ma mi caghi?", palesemente ignorato dalla fica di turno; chi in maniera un po' migliore, come quello più semplice di "My love". Sono le situazioni che tutti vivono tutti i giorni (oddio, quasi..) ma che non vorremmo sentirci raccontare (l'ansia prima di farlo, la depressione nei locali sfogata nelle scollature delle cameriere, le birre e le sigarette, i porno, la tv, le avventure con i soliti amici di comitiva smanettoni, che possono anche andare male, la bellezza di sentirsi dire dalla propria ragazza: "baciami qui"ecc.)


Veri inni alla vita, perchè se la fortuna è cieca, la sfiga ci vede benissimo ed è onnipresente. Naturalmente, inni troncati sul nascere, oramai reperibili solo su emule.


Lo consiglio vivamente a tutti voi, sia perchè rivalutiate l'autore di "Come mai", sia per tirarvi un po' su di morale... Se andate in cerca di quest'ultima, non vi consiglio però di ascoltare Brandi's smile, triste autobiografia dell'autore... Ma ve ne parlerò in futuro più dettagliatamente!!

sabato 16 febbraio 2008

Michele Picozzi, scrittore: biografia semiseria


Sono nato nel 1992, a Roma, in una clinica in via degli Orazi, nel quartiere Prati. Questo è un fatto importante e già contraddittorio: perché gli Orazi furono storici difensori di Roma antica; mentre Prati è purtroppo un quartiere calcisticamente laziale.
Sono figlio di un napoletano con cognome lombardo e di una lombarda con cognome napoletanissimo. Le mie contraddizioni non si fermano qui: proseguono senza risultare tuttavia né così divertenti né così appariscenti. Quindi farò a meno di parlarne.

Ho passato sei anni meravigliosi al liceo classico Giulio Cesare, dove ho dato la maturità nel 2010 e poi anche nel 2011: ogni tanto sogno di dover sostenere quell’esame per una terza volta; e sono occasioni in cui non dormo molto bene. Le altre sere, invece, dormo tutto sommato serenamente.

Durante la quinta ginnasio ho frequentato un corso di scrittura creativa tenuto dal professor Giuseppe Elio Ligotti. Questo incontro mi ha condannato a diventare un precoce autore di poesia, cioè un lazzarone di gran classe.
Con la poesia ho vinto un premio importante, nel 2010: la scuola si è messa in bacheca una medaglia che non ho mai visto; io quattrocento euro con cui, tre anni dopo, sono andato in vacanza in Spagna.

Mi sono iscritto a Lettere Moderne; e posso dire che gli anni dell’Università sono stati particolarmente istruttivi. Infatti ho imparato a lavorare come web-editor, come dog-sitter, come corriere, come barista, come commesso in un negozio, come vetrinista, come insegnante privato per bambini e per diplomatici, come contrabbandiere, come rilegatore di libri, come traslocatore, come tapparellista, come imprenditore nel settore turistico.

Poi mi sono rimesso a studiare: in un anno ho dato una decina di esami e scritto una tesi di laurea in storia contemporanea. Così, dopo sette anni di tasse pagate all’Università, sono riuscito a conseguire una laurea triennale. 
Per quanto mi riguarda, non ho grandi convinzioni: ammiro molto il conte di Rostopčin (il gentiluomo che incendiò Mosca al passaggio di Napoleone) ma solo per il suo testamento.

A volte suono il citofono e canto sotto la doccia. In un paio di occasioni ho corso a petto nudo per la tangenziale est dopo la vittoria di un derby. Essendo un tifoso della Roma, il 28 maggio del 2017 ho pianto come altri milioni di persone. Tuttavia, per motivi non chiarissimi simpatizzo con passione anche per la Sampdoria.

Ho alcune nozioni di idraulica; ma nessuna di elettricistica o di meccanica, e la cosa ovviamente mi dispiace molto. In compenso so preparare un’eccellente versione estiva del rumfustian, che però bevo quasi esclusivamente ascoltando Toscanini.
Amo il whiskey scozzese, meno l’irlandese, niente affatto quelli americani. Non bevo liquori dolci.

Ho partecipato a un master del Corriere della Sera; e negli ultimi anni ho passato buona parte del mio tempo a scrivere romanzi commoventi e articoli necessariamente troppo lunghi per un mondo che ha dimenticato come si legge.
E devo ammetterlo: il libro più bello che abbia mai letto è ancora “Il destino si chiama Clotilde” di Giovannino Guareschi.

Di seguito, i titoli non accattivanti dell’inchiostro che ho sprecato:

- Roses in the rain (raccolta di poesie, inedita), 2009-2014
- Whydah Gally (raccolta di poesie, inedita), 2014-2016

- Chiacchiere da bar (romanzo inedito), 2015
- La notte del principe libero (romanzo inedito), 2017
- Le ali trafitte delle stelle (romanzo inedito), 2018
- Così pochi passi dal mare (raccolta di racconti, inedita)
    L’eternità della sirena, 2015
    Che cosa rischiamo - nuova storia di una sirenetta, 2017
    Così pochi passi dal mare, 2017
- Gigli clandestini (tesi di laurea/monografia storica), 2019
- Questo posto davanti al mare (romanzo inedito), 2019
- Aquile Randagie, la storia, il film (saggio storico, TiPi Edizioni), 2020
- La radice delle rose (romanzo inedito), 2020