venerdì 20 settembre 2013

Monografie dallo schermo #13 - San Mononoke


Da che ne ho memoria, la mia famiglia sono i lupi della foresta sacra al dio cervo.
Vivo in un' angusta grotta che domina la valle, la cui unica entrata è un ponte di roccia sospeso nel vuoto, praticamente inaccessibile per chiunque non abbia una muscolatura ferina.
Quando i kodama, gli spiritelli degli alberi, hanno cominciato a diradarsi e i cinghiali a trasformarsi in demoni alimentati dall'odio, per me e per i miei fratelli la vita ha preso a coincidere con la sopravvivenza in un' angosciosa ed estenuante guerriglia. Contro gli umani della Città del ferro, naturalmente; contro quegli spregevoli spara-sassi al veleno, dissacratori di un universo che non possono comprendere.
Per questo li odio; perché, che se ne rendano conto o meno, odiano l'essenza stessa della vita. E in nome di questo infruttuoso scambio di risentimenti mi hanno affibbiato un nome che gli fa paura: Mononoke, "spirito vendicativo".
... ma tutti, tranne me forse, sanno che, nonostante le maschere tribali e le pellicce con cui mi calo in battaglia, in fondo sono umana a mia volta. Lo sa fin troppo bene quello straniero dal cuore puro che desidera non prendere posizione, perché convinto che in realtà siamo tutti "buoni" e che sia l'odio il solo nemico da cui dobbiamo guardarci.
Quando stavo per ucciderlo lui non ha avuto niente di meglio da dire se non che mi trovava bellissima: a me, la figlia di Moro, la regina dei lupi! Non ho potuto fare altro che desistere dal mio proposito, prendermi cura di lui, medicarlo e nutrirlo all'unica maniera che conosco: masticando al posto suo quegli alimenti che non era in grado di ingurgitare e versandoglieli poi in bocca, con una pratica molto simile a ciò che gli uomini chiamano "bacio".


San; Princess Mononoke (1997)

martedì 10 settembre 2013

Elisa vs Laura Pausini - ovvero L'interpretazione e l'esecuzione


Personalmente ho sempre trovato "speciali" (non sapendo in quale altro modo definirli) quei gesti compiuti all'insegna della collaborazione dagli artisti della musica che regalano brani di propria creazione ai colleghi. Gli esempi sono tantissimi: basti pensare al rapporto simbiotico tra Bob Dylan e Joan Baez, nel quale i confini tra la proprietà intellettuale dell'uno e dell'altra si sono resi labili fino all'indefinito; oppure, per trovare un corrispettivo italiano, è lecito ricordare le tantissime canzoni firmate da Ivano Fossati e rese celebri attraverso Fiorella Mannoia (anche questo, un caso di rapporto artistico sfociato poi nella relazione sentimentale).
Ma gli esempi non si esauriscono certo qui: l'indimenticabile Minuetto, conosciuta attraverso le corde vocali dell' indimenticata Mia Martini, era opera del "maestro" Franco Califano; e in tempi più recenti Luciano Ligabue è riuscito a entrare nell'anima delle donne con brani che un uomo non avrebbe mai potuto cantare - Gli ostacoli del cuore e Io posso dire la mia sugli uomini, donati rispettivamente a Elisa e, ancora, a Fiorella Mannoia.

Grandi gesti, senza dubbio: gesti speciali che presuppongono una particolare generosità da parte di chi scrive una canzone per regalarla e una certa intelligenza, oltre che un'intrinseca attitudine, in coloro che dovranno rappresentare qualcosa che non è esattamente farina del proprio sacco.
La Mannoia, a tal proposito, è senza dubbio la regina dell'interpretazione nel panorama musicale italiano: il numero di canzoni prestatele è talmente grande da poter essere quasi confuso con la totalità del suo repertorio. Sia che si tratti di "pezzi" resi famosi da altri, sia che si tratti di creazioni propostele ad hoc per la prima volta in assoluto, la rossa romana ha sempre regalato ai suoi ascoltatori interminabili minuti di emozione pura. Non vi è dubbio, quindi, sulle sue capacità di entrare veramente nel cuore di un'opera, di comprenderla e di far ascoltare al pubblico ogni volta, nel senso più bello del termine, una "appropriazione", un'interpretazione, un secondo punto di vista, per forza di cose diverso dal primo, dalla versione di abitudine.

Io posso dire la mia sugli uomini e Gli ostacoli del cuore, dicevamo. Ambedue brani frutto di un'intelligenza artistica maschile; quella di Ligabue. Ma il rocker di Correggio non avrebbe mai potuto cantarli di persona: o meglio, avrebbe potuto e, in rarissime occasioni, ha effettivamente eseguito il secondo; per il primo, invece, l'impresa sarebbe risultata ardua al limite del ridicolo. Non per altro...! Sia chiaro: scrivere testi del genere è segno inequivocabile di una capacità d'approfondimento psicologico unica; ma non può essere un uomo a dire "quante cose che non sai di me, quante cose che non vuoi sapere". Frasi del genere stanno generalmente meglio in bocca a una donna.

E arriviamo così a Elisa. Quando uscì Gli ostacoli del cuore io avevo tra i 15 e i 16 anni e, senza dubbio incuriosito più che altro dalla collaborazione con l'allora a me molto più congeniale Ligabue, la cantante di Monfalcone cominciò a interessarmi.
A onor del vero, volendo inserire una nota di colore, devo ammettere di essere stato a lungo attratto inconsciamente dalle ragazze coi capelli tagliati a mò di fatina (il termine tecnico è "taglio pixie")...  adesso, invece, la fascinazione è totalmente conscia...: quindi, la simpatia che ho provato a pelle da subito per Elisa probabilmente deve molto anche a questo. Torniamo alla musica...

Devo ammettere che, nel mio pantheon personale di miti musicali, per molto tempo le donne hanno trovato davvero poco posto. Forse perché generalmente non apprezzo in maniera particolare le voci femminili... comunque, dal basso della mia ignoranza, sono innamorato da sempre dell'artista Mia Martini. Lo sto raccontando perché è proprio grazie a lei che sono stato in grado, nell'ordine, di apprezzare davvero Elisa dopo appena un paio di ascolti e, in definitiva, di scrivere questo post.
Per chi non lo sapesse, infatti, all'interno dell'album Soundtrack 96 - 06 è presente una magnifica versione di Almeno tu nell'universo.

Quindi: l'istintiva simpatia per la giovane artista e l'affetto incondizionato per la Grande Voce scomparsa: una somma che poteva portare a un unico risultato.
In realtà, solo con il passare del tempo ho potuto veramente capire quanto quel brano fosse speciale.
Perché il punto è tutto qui: esecuzione o interpretazione?

Laura Pausini e l'esecuzione

Personalmente ricordo di essere rimasto a dir poco basito quando uscì "Io canto", l'album in cui Laura Pausini raccoglieva i grandi pezzi della musica italiana cantati da lei (totalmente, senza nemmeno un duetto, tanto per capirci). Mi rammento di avere pensato qualcosa del tipo "Ma no, non è possibile svilire così un brano di Cocciante..." e "oddiosanto, no, Spaccacuore di Bersani no...".

Ok. Ammetterò, sempre a onor del vero, di provare a pelle, per la Pausini, un'antipatia direttamente proporzionale alla simpatia che invece riservo a Elisa... l'ho detto! Ora che è noto quanto sia di parte, e che parta comunque prevenuto, possiamo proseguire constatando quanto più oggettivamente possibile.

Partiamo dal presupposto (assurdo...!) che un autore, al momento di comporre, provi un'emozione. Questa emozione, che l'autore è intenzionato a trasmettere, non arriverà a tutti i cuori nella stessa misura, né allo stesso modo. Il frutto della creazione, con sfumature diverse, a qualcuno comunicherà qualcosa, mentre a qualcun altro comunicherà (molto probabilmente) altro ancora. Di conseguenza è legittimo supporre che, nel caso di una cover, il cantante cui "viene prestato" il brano in questione provi un'emozione differente, cantando, rispetto a quella provata dall'autore dello stesso.

Ebbene, io - pubblico ho la pretesa, o quantomeno il forte desiderio di cogliere questa differenza.
Cantando Spaccacuore la Pausini cambia il genere degli aggettivi (da maschile a femminile); ma per il resto? A livello emotivo non vi è che un copia-incolla dell'originale. Persino gli arrangiamenti sono identici, al di là di qualche sviolinata in partenza tendente all'elettronico. A dire il vero Laura prova a comunicare qualcosa, ma i suoi tentativi si traducono in banalissimi innalzamenti (molto raramente in abbasamenti) del timbro vocale. Come se a strillare ci si capisse meglio...

Questa, dunque, è un'esecuzione. L'artista non ha aggiunto niente al contenuto originale.

Elisa e l'interpretazione

Prendiamo Elisa, invece.
Almeno tu nell'universo: Mia Martini è una donna che ha sofferto e, con quella canzone, sta pregando il suo uomo, la sta implorando di starle vicino. C'è pathos, sentiamo la sua sofferenza. La musica è testimone di questa sofferenza, a tratti rabbiosa, in maniera imprescindibile: lo capisce chiunque; il ritmo deciso, eppure spezzato di tanto in tanto, è uno specchio dell'anima che sta lì a dimostrarlo.
La versione di Elisa è tutt'altra cosa: da subito ci si rende conto del tono evidentemente più dolce rispetto all'originale. L'arrangiamento è del tutto diverso, a momenti pare quasi un sussurro. Ciò che Mia Martini sta strillando per ottenere Elisa sembra già possederlo: canta, ma non soffre. Parla a una persona reale, non a un lui ipotetico, ed è una persona certamente piena di affetto per lei. Ascoltandola noi stessi ci sentiamo rassicurati.
Una stessa canzone, due chiavi di lettura.

Un'altra sua cover che mi ha colpito moltissimo è stata la versione di Ho messo via, ancora di Ligabue.
Quando è Luciano a suonarla, ci sembra di vederlo: seduto in disparte a un tavolino del Bar Mario, con una birra davanti a sé e un'espressione certo abbastanza cupa. Chi parla è un uomo disincantato che sta facendo un quadro della sua vita: lì c'è un uomo solo e ancora innamorato, convinto che la sua donna non tornerà più.
Ora canta Elisa: potrebbe essere una ragazza intenta a scrivere una pagina del suo diario. Una pagina che però, nonostante le apparenze, non è veramente triste. Anche qui il tono è diverso, se non diametralmente opposto a quello del brano di partenza. Ligabue sta riflettendo con sé stesso, la voce sembra esistere solo nella sua testa. Da parte sua, la bella friulana potrebbe anche averlo di fronte il suo uomo: a parlare non è affatto una donna abbandonata e tra le sue labbra Ho messo via diventa una sconcertante dichiarazione d'amore. Se Elisa te la dedicasse, probabilmente la baceresti.

Questa, dunque, è un'interpretazione. L'artista ha sconvolto il contenuto originale, ma senza apportarvi modifiche sostanziali. Ci sta comunicando il suo punto di vista, le sue emozioni.

Naturale, perciò, che questo tipo di operazione riesca particolarmente bene laddove si trovi un artista completo, o comunque già maturo, che abbia voglia di mettersi in gioco e che sia in grado di muoversi agevolmente tra tutte le altezze possibili della scala musicale.
Quella delle cover, insomma, è una scommessa rischiosa. Le pretese da soddisfare sono tante e il rischio più grande è proprio quello di un autogol a favore della vacuità d'intenzione.

Ma, a quanto pare, se dietro il microfono c'è Elisa questo rischio non lo corriamo.

giovedì 5 settembre 2013

Poesie sparse... 35 - Marilina #4


Il suono dei sorrisi si combina 
con palpebre che sbattono a un sussurro. 
Gli occhi dissotterrati vanno in giro: 
scopro di averli pedinati e visti 
giocare a nascondino con la luna 
eludere gli sguardi non richiesti 
trovare i loro simili per caso 
e starci come i chiodi sulla croce. 
Nasce qualcosa al ritmo delle ciglia: 
l'una nell'altro fissi già si vola 
- ma senza sospirarci mai per nome - 
Quando è il momento poi gridiamo muti.





Questa mi ha portato via più di due settimane... ma credo di poter essere stra - felice del risultato.
Riuscirla a concludere in un modo che mi convincesse appieno mi ha riempito di gioia, come non mi succedeva da un po' di tempo per qualcosa che scrivo.

Determinante è stata la visione di questo video di Elisa a Sanremo 2001. Questa ragazza friulana mi è sempre piaciuta moltissimo sotto ogni punto di vista... secondo il mio modesto parere, è la più grande voce femminile del panorama italiano. Sentirla cantare proprio "Luce" e vederla rispondere così candidamente alle domande della Carrà sul festival mi ha inondato di quel pizzico di tenerezza che mi serviva per concludere questo povero lavoro.




a ogni modo, io l'ho sempre adorata con il taglio pixie. Perciò...