Il mio nome è Jack Harper, ma i droni preposti alla difesa dei convertitori dell'energia terrestre mi identificano come Tech 49. L'anno in cui vivo è il 2077: come tutti gli altri addetti al trasferimento della razza umana su Titano ho subìto un'iniezione che mi ha fatto dimenticare ogni cosa che abbia visto prima di questo lavoro. Del mondo dovrei sapere solo ciò che mi hanno detto: che c'è stata una guerra con un invasore alieno, gli Scavengers, all'incirca nel 2017; che abbiamo risposto all'attacco facendo l'unica cosa che dovevamo fare, ossia usando il nucleare; che abbiamo vinto, seppure al prezzo dell'inabitabilità su questo pianeta; che il mio incarico qui si esaurirà tra poche settimane.
Eppure ho usato il condizionale. Una scelta linguistica ben precisa, non rispondente solo al fatto che, nelle mie missioni, tenti di trafugare quanti più libri possa al fine di non dimenticare la storia della mia specie. No: ho detto volutamente "dovrei sapere solamente" invece di "so solamente" perché, seppure a sprazzi, conservo dei ricordi della mia vita prima dell'iniezione, prima addirittura della guerra. Sono ricordi che non dovrei avere e sono solo miei. Perché Vicky, la mia operatrice, non si pone le mie stesse domande. Non ha la mia curiosità, le mie premure fuori dagli schemi, le mie angosce. Perché, sopra ogni altra cosa, ce ne è una che davvero non capisco; c'è un'angoscia particolare, suggeritami da un fiore cresciuto su un pianeta che dovrebbe essere lercio di radioattività: se davvero abbiamo vinto, perché siamo noi a dovercene andare?
Jack Harper; Oblivion (2013)