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giovedì 7 aprile 2011

... again and again



E' inverno.
Siedo davanti allo stagno gelato di Central Park.
Ho chiesto in giro, ma nessuno ha saputo dirmi
dove sono andate a finire le anatre e i pesci che nelle altre stagioni vi nuotano dentro.
Nè i tassisti della città imperiale,
nè i professori delle famose scuole che frequento,
nè i genitori della mia America fasulla.
Hanno ritenuta insulsa la domanda, o forse non se la sono mai posta.
Niente, insomma, di cui darsi pena.
Ora so che anche loro vivono sotto un lago di ghiaccio
e che nulla di ciò che vedo è "del tutto" vero.
Dalla segale non verrà nessuno a salvarmi.


(Fabio Stassi su J.D. Salinger, Il giovane Holden, 1951)

Holden, Lolita, Zivago e gli altri. Piccola enciclopedia dei personaggi letterari (1946-1999)

domenica 12 luglio 2009

L'amore... lontano dagli scacchi!

Dal romanzo del carissimo Fabio Stassi - La rivincita di Capablanca__ Minimum fax editore-

Le donne che aveva avuto se le ricordava tutte (…) ma ancora di più, e con una precisione

assoluta, si ricordava di tutte quelle che avrebbe voluto baciare e non aveva baciato. Per un errore di calcolo, un contrattempo banale o, al contrario, per aver condotto un gioco eccellente, ma incapace di affrancarsi da uno stato di continua vigilanza e controllo. L’amore vuole mosse sbagliate, il coraggio di precipitare le sorti, di distruggere e proprie difese, di esporsi al gioco altrui e all’altrui decisione, ma a lui questo era del tutto restio. Per natura. Rammentava ciascuna di quelle storie incompiute: un incontro fortuito in libreria, la passeggiata pomeridiana in un parco, una cucina dalla luce gialla… circostanze in cui non gli era mai riuscito di rompere l’equilibrio della conversazione. Perché? Perché non aveva sacrificato nemmeno un pedone pur di innescare una qualsiasi conseguenza? Per quale assurdo ritegno? (…) Con le donne gli accadeva l’opposto di quello che praticava negli scacchi. Era magistrale nelle aperture, brillante nella fase di mezzo, ma assolutamente debole nel finale. Per fortuna nella maggior parte dei casi ci pensavano loro a toglierlo d’impaccio. La verità era che la vita rappresentava per lui una pausa dalle fatiche del gioco e preferiva che qualcun altro conducesse le danze e provocasse la catena degli avvenimenti che portano sino a una stanza d’albergo o al divano di una casa borghese. Non capiva che proprio così subiva gli unici scacchi della sua carriera. Alle tante donne che, al suo posto, sapevano prendere l’iniziativa, portava un profondo senso di gratitudine, ma niente di più, dopo il loro passaggio; le altre, invece, continuavano a tornargli in sogno, come una prova della sua insufficienza, e ci pensava così tanto che ogni volta stava per innamorarsene.

In fondo, quello che lo interessava davvero era elaborare una nuova maniera di sedurre. La sera, a cena, bastava che osservasse gli altri tavoli e avrebbe potuto recitare a memoria le battute di ciascuno. Era sempre la stessa commedia. Detestava appartenere al genere maschile, alla vigliaccheria che sempre, prima o poi, gli uomini finiscono per dimostrare nei rapporti amorosi. Lo animava una sorte di inconfessabile ideale cavalleresco. Aspirava allo stesso coraggio e alla stessa fantasia con i quali si batteva su ogni scacchiera. Come per il movimento della regina, provava un’infinita curiosità per quello di ogni donna che incontrava, e quasi un sentimento di giustizia, una voglia, un bisogno, di omaggiarla con una riverenza cristallina. E un risarcimento di sguardi e di parole autentiche. Come se l’amore potesse essere una solidarietà degli occhi prima che delle mani.

Di regola, cercava di attenersi a un’eleganza impeccabile, ma nascosta. Entrava in scena in punta di piedi. Ma la sua stessa silenziosa presenza creava nell’aria una tensione insolita. Evitava di acquistare meriti con le persone con cui parlava. Nuotava nel silenzio e nella gentilezza. Ma era vanitoso. E la sua fama lo aiutava. Gli cuciva addosso la maschera di un uomo geniale e di inconsueta sensibilità. In qualche caso, nei suoi giorni migliori, Capablanca sapeva strapparsela e con questo sacrificio, in un gioco di spericolato illusionismo, incantava la compagna del momento fino a lasciarle riconoscere nel suo il volto di un bambino

giovedì 20 marzo 2008

Libri (senza mezzi media-se-tici) intelligenti al Giulio

Ciao.
Poche parole mie, perchè credo che quelle degli autori in questione e le immagini valgano molto di più.
Parliamo di cultura, e di libri dimenticati o quasi...
Cominciamo con "Strani giorni" di Matteo Scifoni.
La storia parla dei giorni subito precedenti ai fantomatici esami di maturità... Ma non pensiate a cloni dei film di vaporidis, anche perchè i lavori di Scifoni sono stati scritti ben prima!
Niente toni dolci, ma anzi: ruvidezza, termini talvolta rozzi e giovanili, situazioni in bilico tra il noir francese e il western all'italiana, risate a tutto spiano...(per il lettore)
Protagonisti anarchici senza il minimo rispetto per niente, nemmeno per se stessi. Sceneggiature quasi fumettistiche al limite dell'inverosimile.
La scena è ambientata a Roma, e se i luoghi non sono direttamente riconoscibili, basta solo giostrare un po' con la fantasia e gli anagrammi: cosa vi dice, per esempio, LICEO I.C. in via delle TRE TESI..?
Come dicevo prima, però, senza la giusta sponsorizzazione questo non è certo un libro che ha sfondato; anzi. Ormai credo sia reperibile solo sul sito della casa editrice, le Terre Sommerse (e qui è proprio vero: NOMEN OMEN), oppure alla libreria di piazza Capri.
Se ne avrò la possibilità, vi trascriverò qualcosa.
Altro romanzo, in assoluto più accessibile a tutti, perchè in tutte le librerie, è "E' finito il nostro carnevale", di Fabio Stassi.
Ma qui davvero non dico niente, perchè ho un'intervista con l'autore che vi spiegherà molto.
Sappiate solo che si parla di calcio (quello puro, con Garrincha e Pelè), di rivoluzione, di politica, e di amore.
Amore per uno sport, e per le libertà sì, ma sopratutto per una donna: la modella della coppa Rimet (la prima coppa del mondo, assegnata alla squadra che per prima ha vinto tre campionati mondiali: il Brasile nel 1970).
Qualcosa fa pensare che la coppa, poi, non sia stata fusa solo nell'oro..
Ma ho detto anche troppo: come al solito non ho saputo regolarmi.
A tutti voi: Fabio Stassi