Questo è (forse) il post più inutile che abbia mai pubblicato.
Forse (al contrario) il più sensato... chissà.
Giovedì 26 maggio 2010: il braccialetto bianco si è finalmente spezzato.
Era un banalissimo filo di cotone arrotolato tre volte intorno al polso: il nodo (che non ho mai capito con quale fottuta logica fosse stato realizzato) era opera di un monaco tibetano che aveva provveduto, tra le altre cose, a incensare tutto il braccio recitando benedizioni su benedizioni in non so quale dialetto indocineseafghanoshaolin. Ero convinto che il filo avrebbe retto cinque mesi scarsi; è durato due anni.
Mi ero quasi assuefatto all'idea che quell'affare inutile potesse contenere davvero una sorta di benedizione, di portafortuna. Anche per questo non lo avevo mai tagliato, nonostante (d'estate sopratutto) a volte stringesse.
Sarò più di un ingenuo, più di un illuso, più di un pazzo, più di-tutto-quello-che-caspita-vi-pare, ma sopratutto ultimamente, dopo gli ultimi irreali avvenimenti, mi stavo convincendo che quel cazzettino bianco fottutamente sporcato dal sudore e dal tempo potesse veramente essere diventato un salvavita, un qualcosa che mi proteggesse veramente.
Ma ora... si è rotto. Il 26 maggio 2010. Esattamente un mese dopo quell'altro avvenimento, quello che forse è stato il più importante della mia vita, il 26 aprile 2010.
Sono un simbolista, probabilmente. Eppure sta maturando una certezza in me: sciocca, bambinesca, ridicola; ma sta maturando.
Probabilmente ciò che è accaduto non è benevolo come potevo pensare inizialmente, e il braccialetto non ha retto di fronte a tanto male.
Bando ai convenevoli dunque; il requiem per il braccialetto è ufficialmente finito.
La benedizione pure.
Benvenuti nel mondo reale.